IL PANETTONE
A NATALE, CAPODANNO ED EPIFANIA
con il
“Pan de Sciori” o “Pan de Ton”, cioè pane dei signori,
di lusso.
STORIA DEL PANETTONEi e la Storia della Pasticceria
Un capolavoro della pasticceria. Nel 2016 gli inglesi lo hanno preferito,
come dolce di Natale, al tradizionale pudding. Interpretato in mille versioni
da abili pasticceri ormai in ogni regione d’Italia, il
panettone
è conosciuto in tutto il mondo.
Ma come, e dove è nato questo dolce? Le sue origini mischiano
storia e leggenda.
Com’è nato il panettone:
le fonti storiche.
I primi passi nella storia del panettone si compiono in un documento
scritto nel 1470 da Giorgio Valagussa, precettore degli Sforza, che riporta il
cosiddetto “rito del ciocco”.
A Natale in ogni casa si metteva un grosso ceppo di legno sul fuoco. Poi tutti
i commensali mangiavano delle fette di pane di frumento distribuite dal
capofamiglia, che ne conservava una per l’anno successivo, come buon augurio.
Quel pane aveva, soprattutto per i poveri, un valore speciale. I fornai
infatti, tranne quelli che panificavano per i nobili, durante l’anno avevano il
divieto di usare farina di frumento, pregiata e prerogativa dei ricchi. Le
Corporazioni milanesi avevano però deciso che a Natale tutti mangiassero lo
stesso pane, detto “Pan de Sciori” o “Pan de Ton”, cioè pane dei
signori, di lusso, che veniva arricchito con zucchero, burro e uova.
Quella che si può iniziare a definire una ricetta del panettone risale
al 1549. Cristoforo di Messisbugo, un cuoco di Ferrara, elenca gli ingredienti
di un dolce delle zone milanesi -farina, burro, zucchero, uova, latte e acqua
di rose- aggiungendo che deve ben lievitare e avere forma
tonda.
Nel 1599, nelle note di un registro del Collegio Borromeo di Pavia che
riguardano le spese del pranzo di natalizio, si parla di tre libbre di burro,
due di uvetta e due once di spezie che
sarebbero servite a preparare “13 pani grossi”. Una ricetta che somiglia molto
a quella definitiva del panettone e in base alla quale, ogni tanto, i pavesi
provano a rivendicarne l’origine.
La prima definizione ufficiale di panettone è del 1606: il “panaton”, nel
dizionario milanese-italiano, è un grosso pane preparato a Natale.
Nel ‘700 Pietro Verri ripropone, nella sua Storia di Milano, il
rito del ceppo alla corte degli Sforza, ripreso anche da Antonio Muratori che
lo ricollega ad antiche usanze pagane e lo fa risalire ai primi anni dopo il
Mille.
I panettoni sono ancora molto bassi, simili a focacce, il lievito fa
la sua comparsa in un ricettario del 1853, di Giovanni Felice Luraschi.
Di canditi, invece, si parla l’anno successivo, in un trattato di
pasticceria di Giovanni Vialardi, cuoco dei regnanti sabaudi, a testimonianza
di una diffusione del panettone che va allargandosi a tutto il Nord Italia.
Com’è nato il panettone:
le leggende.
“Panettone” significherebbe dunque “grande pane”. In realtà l’accrescitivo
di pane è “panone”: da qui l’idea di alcuni secondo cui il termine potrebbe derivare
dal voluminoso panetto di burro delle botteghe, diviso poi tra i clienti, o al
panetto di lievito che nelle fasi della preparazione del dolce assumeva grosse
dimensioni.
Le spiegazioni etimologiche si sprecano. A questo
proposito pare che proprio nell’ 800 si sviluppino leggende che
legano il panettone, o i suoi ingredienti, al nome di ipotetici inventori.
Personaggi come Toni o improbabili Ughetti- in milanese “Ughett” significa
uvetta-. Vicende piene di grovigli, come la maglia di un lievitato. Mischiano
elementi in quel telefono senza fili che è il tramandare delle storie ma, radicate
nella tradizione, meritano qualche accenno.
La prima risale al 1495. Il cuoco di Ludovico il Moro brucia il dolce del
cenone natalizio. Il garzone, Toni, ha un panetto di lievito messo da parte per
sé con cui impasta un dolce strepitoso, detto appunto “pan del Toni”, che
diventa tradizione. Alcune versioni vogliono lo sguattero bruciare la pietanza
finale, in altre è lo stesso dolce bruciato, contenente uva, che su idea di
Toni viene servito ugualmente, giustificando la crosta come una particolarità.
Le varianti sono numerose, ce n’è una per ughett…
Ancora alla corte degli Sforza la storia di Ulivo -o Ughetto- degli
Atellani, falconiere del duca. Si innamora, corrisposto, di Adalgisa, figlia
del panettiere Toni. Ostacolato dalle differenze sociali, per trascorrere del
tempo con l’amata si fa assumere da Toni come garzone, sotto mentite spoglie.
Poi, rendendosi conto della difficile situazione economica del panettiere, inventa
un dolce che realizza di notte aggiungendo all’impasto del pane degli
ingredienti che compra vendendo dei falchi del duca: zucchero, burro, uova,
cedro e uva passa. Il pane speciale del panificio di Toni diventa così famoso
da eclissare e il furto dei falchi- il duca lo perdona- e la differenza di
ceto, perché il padre di Ughetto acconsente alle nozze fra i due innamorati.
La terza leggenda vede suor Ughetta, cuoca in un convento poverissimo,
mettere insieme pochi ingredienti per creare un dolce che rallegri le
consorelle in occasione del Natale. Uova, canditi, uvetta e zucchero si
uniscono all’ impasto del pane. Prima di infornarlo vi incide sopra una croce,
benedicendolo. Il risultato è un dolce così buono e bello che i milanesi, per
poterne avere un po’, accorreranno al convento amplificando le offerte e
risollevandone le sorti.
Com’è nato il panettone:
la diffusione.
Nella seconda metà dell’Ottocento le testimonianze di pasticceri che
realizzano panettoni si moltiplicano. Si tratta di una produzione che è
ancora esclusivamente artigianale ed è rivolta a un pubblico ristretto.
Si instaura anche l’abitudine, diffusa ancora oggi, di spedire
panettoni come ringraziamento per collaborazioni di lavoro. Famoso in
questo senso è, ad esempio, Giovanni Ricordi. I dolci rotondi iniziano a
viaggiare su e giù per l’Italia.
Nel primo dopoguerra l’introduzione del lievito madre e
l’aggiunta di più uova e burro arricchiscono la preparazione
del dolce e fanno sì che essa richieda l’uso di uno stampo, che
vede il panettone slanciarsi verso l’alto e nello stesso tempo verso
l’industrializzazione, la diffusione di massa. Assieme all’amico e rivale
pandoro, il panettone arriva su tutte le tavole e diventa il dolce
tipico del Natale italiano. Ancora oggi, già da novembre, i panettoni
industriali si accalcano sugli scaffali del supermercato.
I laboratori artigianali hanno sicuramente preso spunto
dalle modifiche apportate alla ricetta dei panettoni diventati poi di largo
consumo. Le hanno assimilate e utilizzate per migliorare le loro. Panettoni sia
alti che bassi convivono ormai nelle pasticcerie ma in entrambi i casi non
hanno niente a che vedere con quelli industriali. La
nobile tradizione artigianale è rimasta, si è perfezionata e ha visto anch’essa
allargare i suoi confini.
Oggi numerose pasticcerie sparse un po’ dovunque nella penisola hanno
elaborato una loro tradizione, e offrono esperienze del palato che vale la pena
di fare e che solo un panettone artigianale può offrire.
La mamma del panettone è Milano, e non si discute. Quando si sente dire che Shakespeare, il più inglese tra gli inglesi, potrebbe essere di Messina, le risate si sprecano. Ma ci sono, bisogna ammetterlo, cose e persone che possono diventare bene dell’umanità intera. E a sentir dire che ormai tanti pasticceri in Italia sanno essere l’eccellenza nella produzione dei panettoni lo stesso Sir William direbbe “è vero, e non facciamo tanto rumore per nulla”.
Se da oltre 100 anni il panettone non è più
il “Pan de Sciori”
dobbiamo ringraziare ANGELO MOTTA
Biografia
(
https://it.wikipedia.org/wiki/Angelo_Motta)Angelo Motta nacque nel 1890 a Gessate, comune della provincia di Milano; Motta, di professione pasticcere, agli inizi del XX secolo si trasferì nel comune meneghino per apprendere il mestiere e qui, prima di partire per il servizio militare, divenne capolavorante. Finita poi la Grande Guerra, nel 1919 aprì il suo primo forno, avviando la produzione del panettone (dolce tipico natalizio destinato in futuro a rappresentare Milano), prima in forma artigianale e, in seguito, espandendo sempre più la sua attività fino a realizzare un grande stabilimento industriale e a trasformare la sua azienda in società per azioni. Alla fine degli anni quaranta inizia anche la produzione industriale di gelati.
Morì all'età di 67 anni nel 1957 per un infarto, dopo aver trascorso il Natale in famiglia.
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